Dobbiamo lasciare l’Afghanistan perché c’è il rischio di rappresaglie e attentati, dice Stefano Pontecorvo

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«La priorità è far uscire questi poveretti perché hanno lavorato con noi per venti anni o più, e non si possono lasciare alla mercé dei talebani». A spiegare la situazione è Stefano Pontecorvo è il rappresentante civile della Nato in Afghanistan, e in queste ore guida il coordinamento dell’evacuazione all’aeroporto di Kabul.

«I talebani possono decidere di non perseguire vendette se non in casi particolari. Ma se ci sbagliamo, lasciamo alla loro mercé un sacco di gente. Meglio non prendere rischi», dice Pontecorvo a Repubblica.

La gestione disordinata delle partenze, con calca e vittime, ha stupito tutti. Ma qual è veramente la condizione delle popolazione afghana? «In realtà l’ordine pubblico attorno all’aeroporto dovrebbero tenerlo loro. Ma non riescono o non vogliono tenerlo. I mezzi per la pianificazione ci sono, i trasferimenti sono ben gestiti. C’è un problema, che sembra tecnico ma non lo è: questa folla di persone che non hanno diritto a viaggiare e hanno bloccato gli ingressi, impedendo l’apertura dei cancelli per 24 ore. Con tempi stretti e punti di entrata bloccati, i ritardi sono inevitabili», sottolinea Pontecorvo.

A Kabul si va stabilizzando ma la situazione del Paese non permette alla gente di raggiungere l’aeroporto da altre località. «Sfido chiunque a prevedere un crollo così rapido dell’istituzione afghana. Quando gli studenti coranici sono arrivati alle porte di Kabul, abbiamo programmato una divisione del potere ordinata. I talebani si sono fermati un paio di giorni prima di entrare in città, e in quei giorni il presidente diceva che sarebbe morto nel palazzo. Poi è fuggito senza lasciare un interlocutore, ed è crollata l’istituzione del Paese. La Nato si è trovata ad agire in un vuoto pneumatico, senza interlocutori e senza controparti pubbliche», spiega ancora il rappresentante.

Quando invece saranno completate le operazioni? A fine mese o l’11 settembre? «La priorità indicata dal segretario generale è far uscire il maggior numero di nostri collaboratori. Per quanto riguarda la data, l’ultimo soldato Nato deve aver lasciato questo Paese per il 31 agosto».

Sul rischio di attacchi dell’Isis, invece, spiega: «La minaccia dell’Isis è sempre presente. Ci risulta che molti terroristi si stanno muovendo verso Kabul. L’aeroporto è un bersaglio perfetto perché molti stranieri sono qui con gli afghani. Un colpo farebbe sensazione. Ma l’aeroporto è molto ben guardato e abbiamo sistemi di difesa e sorveglianza che dovrebbero metterci al riparo».

Pontecorvo delinea anche il futuro della Nato e dell’Alleanza Atlantica dopo questa vicenda. «È un momento di profonda introspezione. Dobbiamo imparare una serie di lezioni, sia politiche che operative. Certamente non è finita come avremmo voluto, anzi. Il segretario generale sia guidando la riflessione sulle lezioni apprese in tutto l’ambito Nato. Per ora ha indicato compiti molto precisi. Primo, bisogna avvalersi della capacità di coordinamento della Nato per aiutare tutti a far uscire i collaboratori afghani. Secondo, bisogna garantire il funzionamento dei servizi aeroportuali. Tutto il resto verrà dopo, e sarà comunque la dirigenza politica della Nato, cioè i ministri guidati dal segretario generale, a trarre le conclusioni dalla vicenda afghana. Il mio orizzonte è il 31 agosto, a quello che succede più avanti penseremo dopo», conclude.

Afghanistan, Pontecorvo (Nato): “Le vie di uscita terrestri sono aperte”

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Le vie terrestri di uscita in Afghanistan sono aperte e “si può viaggiare con relativa calma”. Lo ha detto l’Alto rappresentante civile della Nato, ambasciatore Stefano Pontecorvo, parlando con “Rainews 24” al suo arrivo a Fiumicino con l’ultimo volo italiano partito da Kabul, commentando il quasi completamento dei ponti aerei occidentali.

LEGGI QUI L’INTERVISTA ESCLUSIVA ALL’AMBASCIATORE PONTECORVO

“Non sono un tecnico ma in questi giorni mi sono fatto un’idea: con la giusta attrezzatura l’aeroporto (di Kabul) potrà riaprire nel giro di una settimana”, ha detto l’ambasciatore. “E’ stata una esperienza che mi ha cambiato la vita, mi sono occupato in passato di Bosnia e Kosovo, non ho mai visto una cosa del genere ma ho visto solidarietà umana”, ha proseguito Pontecorvo, sottolineando che adesso “un futuro complicato attente il Paese”.

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